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Bisogna impedire ai paesi poveri di avere figli a causa della sovrappopolazione?

I popoli dei paesi poveri sono sottoposti ad una pressione enorme per diminuire la propria natalità. Spesso si tratta di provvedimenti obbligatori, del tutto contrari al rispetto per l'uomo: a volte, ad esempio, per essere assunti in un'azienda bisogna presentare un certificato di sterilizzazione. Gli organismi finanziari internazionali, inoltre, pongono spesso come condizione per i loro aiuti l'adozione di misure come queste. Ma la diffusione della mentalità contraccettiva nei confronti dei paesi poveri, nasce non tanto dal nostro desiderio di vederli uscire dallo stato di sottosviluppo, quanto piuttosto dalla nostra angoscia, di paesi ricchi, di fronte alla minaccia dell'irrompere di questa marea umana verso le nostre ricchezze. E' questa concezione del mondo che oggi, con la scusa dell'ecologismo, della sopravvivenza del pianeta, vuole imporre la stabilizzazione della popolazione ad un certo tetto. «Come conseguenza diretta dell'impennata demografica - ha affermato la signera Nafis Sadik, direttrice dell'Unfpa (il Fondo Onu per la popolazione) - aumentano le migrazioni interne ed internazionali e l'inurbamento forzato che porta a un forte squilibrio ambientale». Tuttavia, non sono gli esseri umani la fonte dell'inquinamento, ma i comportamenti degli esseri umani.

«Sono troppo poveri perché troppo numerosi». Questa affermazione proviene dalle teorie malthusiane - dal nome di un economista inglese del XXIII secolo, Malthus - ancora oggi molto diffuse. La soluzione sarebbe: 1imitare le nascite per raggiungere un migliore livello di vita.

È vero che una crescita demografica eccessiva può frenare lo sviluppo (cf. «Sollicitudo rei socialis», 25), ma questo generalmente è già ostacolato in partenza da situazioni di ingiustizia economica, da un sottosviluppo cronico dell'agricoltura e da una insufficiente volontà politica. Con le richezze attuali del nostro pianeta è tecnicamente possibile nutrire venti miliardi di uomini. il problema è che i paesi poveri non hanno i mezzi per comprare o produrre le derrate necessarie.

Proviamo invece ad esaminare l'affermazione opposta: «Sono troppo numerosi perché troppo poveri». E' noto che, nella maggior parte delle civiltà, i figli sono sempre stati considerati come la principale fonte di ricchezza: essi rappresentano nel presente la manodopera più economica e, nel futuro, saranno loro ad assicurare la sopravvivenza dei genitori ormai vecchi.
Come dice un documento della conferenza episcopale tedesca :
«Ridurre il numero dl bambini senza far sparire le cause che spingono i genitori a desiderare molti figli, significa privare i poveri della loro unica speranza».

Alla luce di queste affermazioni, la pillola rappresenta un bene? Siamo convinti che la promozione che ne viene fatta nei paesi poveri, poggi su una visione riduttiva della libertà e della solidarietà. Inoltre, non sempre le donne vengono informate sugli effetti dei prodotti che usano. Alcuni contraccettivi continuano ad essere venduti nel Terzo mondo mentre sono vietati negli USA o in Europa: esistono allora due giustizie, una per i paesi ricchi ed una per i paesi poveri? La promozione contraccettiva, infine, spesso va contro le tradizioni culturali e religiose dei popoli: tradizioni che precedono o si uniscono così alla Chiesa nel difendere il diritto inalienabile alla vita.

Concludiamo ricordando che la Chiesa non si limita alla critica, ma incoraggia vivamente e fattivamente le campagne di pianificazione familiare, fondate sui metodi naturali e realizzate senza pressioni coercitive.

Il complesso dibattito in corso tra Onu e Santa Sede sulla pianificazione familiare, è solo la punta dell'iceberg di un problema molto più profondo: la posta in gioco, infatti, non è la difesa della cattolicità, ma dell'uomo e dei suoi diritti fondamentali. E' chiaro quindi che la Chiesa ha sentito, come proprio dovere irrinunciabile, quello di lasciarsi sempre più coinvolgere da questo dibattito, in nome della difesa dell'identità dell'uomo, più che della fede. «La situazione della popolazione mondiale è molto complessa: esistono differenze fra un continente e l'altro, fra una regione e l'altra. La Santa Sede si impegna affinché venga rivolta un'adeguata attenzione ai principi etici nella questione demografica e rivolge la propria attenzione ad alcune verità fondamentali: ogni persona, indipendentemente dall'età, dal sesso, dalla religione e dall'appartenenza nazionale, possiede una dignità e un valore incondizionati e inalienabili; la vita umana, dal concepimento alla morte naturale, è sacra; i diritti dell'uomo sono innati e prescindono da qualsiasi ordine costituzionale; l'unità fondamentale della razza umana esige che tutti si impegnino ad edificare una comunità libera dall'ingiustizia. Queste verità costituiscono la base per affrontare la questione demografica. È alla luce degli autentici valori umani riconosciuti da tutti che si debbono fare le scelte». È il Papa che, in questi termini, si è rivolto alle Nazioni Unite (all'opinione pubblica mondiale) alla vigilia della Conferenza dell'Onu su « Popolazione e sviluppo », tenutasi al Cairo nel 1994.

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